Intervista a Urs Wernli
«Il Consiglio nazionale punta sull’economia pianificata»
sco/kro.Signor Wernli, la nuova Legge sul CO2 è in dirittura di arrivo. Con quali riflessioni ha seguito finora i dibattiti in seno al Consiglio nazionale e al Consiglio degli Stati?
Urs Wernli: A dire il vero, sono preoccupato. L'emergenza coronavirus non è ancora finita. Anche se si intravedono segnali positivi, per l’economia svizzera si prospettano mesi difficili. In particolare l’area verde di sinistra sembra ignorare il fatto che la nostra economia sia composta non soltanto da industriali e imprenditori, ma anche da milioni di lavoratori con famiglia. Non riesco a capire il motivo per cui, nella sessione estiva e quindi nel pieno della crisi, il Consiglio nazionale stia pensando a un pacchetto di misure sul CO2 che graverà su tutti gli svizzeri con un importo annuale a quattro cifre.
Ancora una volta saranno penalizzati gli automobilisti, poiché entrambi i Consigli intendono aumentare i prezzi del carburante fino a 12 centesimi al litro.
Questa intenzione non è affatto in linea con le esigenze attuali. L’emergenza coronavirus ha sottolineato ancora una volta l’importanza della circolazione stradale. Le persone evitano i trasporti pubblici per paura di contrarre il Covid-19 e scelgono sempre più spesso i mezzi privati. Trovo incomprensibile che il Parlamento non riesca a riconoscere gli indubbi vantaggi del trasporto individuale motorizzato.
Molti politici borghesi del PLR e del PPD hanno approvato la revisione totale della legge sul CO2 – anche quelli che, nelle elezioni dello scorso autunno, sono stati sostenuti dal settore dell’auto. Come mai non si sono adoperati per trovare una soluzione più vantaggiosa dal punto di vista economico?
La maggior parte dei politici persegue obiettivi diversi. Le deliberazioni del Parlamento derivano non soltanto dalle maggioranze ma anche dai compromessi. Una legge di questo tipo deve essere concepita in modo tale da essere approvata anche dall’elettorato. Evidentemente alcuni politici hanno anteposto presunti compromessi necessari alla situazione economica.
Cosa comporta questa legge per l’industria svizzera in generale?
Innanzitutto, rappresenta un onere aggiuntivo. Il Consiglio nazionale non ha mostrato alcuna considerazione né per l’economia né per la difficile situazione della popolazione svizzera, bensì sta puntando su un’economia pianificata. A questo proposito, l’Accordo di Parigi prevede appositi strumenti di economia di mercato per raggiungere gli obiettivi climatici. Il ragionamento è piuttosto semplice: se la nuova legge sul CO2 grava su ogni cittadino svizzero con un importo a quattro cifre, questo denaro viene a mancare per i consumi. E minori consumi comportano entrate insufficienti per il settore.
L’intervista integrale sarà pubblicata nell’edizione di settembre di AUTOINSIDE.
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