Car sharing: niente calo delle auto private

Nuovo studio

Car sharing: niente calo delle auto private

20 agosto 2019 upsa-agvs.ch – Il car sharing dovrebbe contribuire a ridurre il numero di auto nelle città. Ora, però, un nuovo studio afferma che, con la condivisione, il numero di vetture non calerà e che il beneficio ecologico sarà modesto.

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jas. Per alcuni, il car sharing è un mezzo efficace per arginare il traffico individuale nelle città. La famosa società di consulenza aziendale Frost & Sullivan aveva già calcolato nel 2011 che un veicolo condiviso può sostituire da otto a dieci auto private. In pratica, il numero di vetture per ogni 1000 abitanti in Svizzera è aumentato da 543 unità alle attuali 630 dal 1997, anno in cui è stato fondato l’offerente di car sharing Mobility. Il car sharing non riduce il traffico individuale bensì offre una soluzione di mobilità integrativa per diversi gruppi della popolazione. Gli utenti del servizio aumentano ovunque, non solo in Svizzera, dove solo Mobility ne conta 200’000 circa. In tutto il mondo il loro numero è infatti salito da tre milioni nel 2013 a ben 27 milioni nel 2018 – un rapido incremento dovuto in particolare alle offerte non legate a postazioni fisse. Il car sharing continua a essere un modello di successo. Se il suo ritmo di crescita resterà invariato è più che realistico che entro il 2020 gli utenti arriveranno a 32 milioni, come pronosticato otto anni fa da Frost & Sullivan.

Ora, però, i pronostici degli esperti in fatto di redditività vengono additati come fallaci. Più che lauti proventi gli operatori del settore si attendono infatti un’accanita lotta sui prezzi – o almeno è così in Germania. «Tantissimi fornitori sono in concorrenza tra loro e vediamo primi tentativi di consolidamento», spiega Wulf Stolle, partner di A.T. Kearney. In uno studio la società di consulenza ha sottoposto il car sharing a un’ennesima analisi. Stoll ha spiegato al quotidiano «Süddeutsche Zeitung» che la maggior parte delle città tedesche non ha la densità di popolazione necessaria a rendere redditizi tali servizi, vale a dire almeno 3000 persone a chilometro quadro. Il car sharing resterà perciò un’attività di nicchia non profittevole. «Anche nel caso in cui tutti gli abitanti delle popolose città di Monaco, Amburgo, Berlino, Francoforte e Stoccarda rinunciassero ai loro veicoli e utilizzassero solo lo sharing, in Germania verrebbe meno appena il 5% delle auto.»

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Il nuovo studio ha già sollevato forti critiche in Germania. Ha infatti considerato solo una parte del mercato tedesco, ovvero «Share Now» (un’offerta di Mercedes e BMW) e i servizi di sharing di VW e Sixt. Inoltre, lo studio è riferito esclusivamente a offerenti senza postazioni fisse operanti in sette grandi città; un quadro non proprio rappresentativo, se si pensa che in Germania le città e i comuni serviti dal car sharing sono 740, la maggior parte dei quali si basano su postazioni fisse – come nel caso di Mobility in Svizzera – e che in tutto il paese gli operatori sono più di 170. La federazione Bundesverband Carsharing contesta lo studio e dimostra come la realtà abbia già confutato tante delle sue affermazioni. I servizi di car sharing, ad esempio, vengono offerti anche in città poco popolose. In circa 60 centri dai 100’000 ai 500’000 abitanti si conta almeno un offerente che opera con profitto a volte da 20 o più anni.

Nelle grandi città il car sharing comodo e a prezzi stracciati – afferma inoltre lo studio – dà degli impulsi sbagliati. Grazie a esso, gli utenti intelligenti risparmiano denaro (è infatti un’alternativa molto più economica del taxi) e hanno un parcheggio riservato nelle immediate vicinanze di casa. Le prime vittime della condivisione delle vetture potrebbero quindi essere i tassisti delle grandi città. Le immatricolazioni di auto private, poi, non sarebbero scese né a Berlino né negli hotspot del car sharing. Persino Stoccolma, città ambientalista modello, è in stallo. Sebbene le BMW i3 elettriche impiegate per tre anni nella capitale svedese abbiano fatto risparmiare 2500 t di CO2, la mobilità individuale e le colonne non sono diminuite a fronte dei 2 milioni di chilometri percorsi ogni anno dalle vetture condivise.

Anche Andreas Knie, studioso della circolazione, rivede le bucce all’analisi di A.T. Kearney «The Demystification of Carsharing» («La demistificazione dell’auto condivisa»). Secondo l’esperto, lo studio non risponde infatti a criteri scientifici ed è completamente fuori tema. Del car sharing pensa invece che sia più «una droga di passaggio alla comunità di trasporto.» La notizia dovrebbe far piacere all’associazione svizzera dei garagisti, che di recente ha lanciato un relativo progetto pilota con la piattaforma di car sharing Mobility. 50 membri UPSA vi hanno già aderito mettendo alcuni veicoli dei loro garage a disposizione dei clienti di Mobility. L’interesse per il servizio dimostrato dai clienti svizzeri e dai garagisti UPSA non si affievolisce. Nel nostro paese, le auto condivise dovrebbero quindi restare una soluzione di mobilità integrativa al crescente traffico individuale.

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